È Natale sì, quasi ci siamo, ma oggi, mentre ero in carcere, non l’ho percepito. Non mi sono ricordato che mi trovavo lì per festeggiarlo con quegli uomini rinchiusi. È Natale sì, ma quanta disumanizzazione! Io la dentro morirei, proprio fisicamente, non riuscirei a campare molto. Mi guardavo attorno mentre il vescovo di Lusaka celebrava la messa e vedevo gente attorno a me ammassata come bestie. La puzza era davvero pungente tanto che il mio compagno etiope mi disse onestamente che non riusciva a resistere. Avevo paura si sentisse male. L’odore era talmente acre e denso che sembrava di mangiarlo. Non era odore di uomo. È Natale sì, ma l’odore non era di vaniglia e mandarino, non c’era profumo di festa, no, era odore di carogna, odore di cose morte che stagna nell’aria. Sono 1500 uomini detenuti di nazionalità diverse; somali, etiopi, eritrei, nigeriani, zambiani, angolani, indiani e c’erano anche due bianchi, forse europei. Nelle Central Prison of Lusaka si dorme in 70, 80 per stanza, si dorme per terra, incastrati l’uno con l’altro. Una cella senza finestre in cui è notte anche di giorno e quando fuori il sole cala, le celle si chiudono e comincia l’inferno. È Natale sì, ma mi chiedo cosa ci spinge a vivere in questo modo, a schiacciare l’uomo nella miseria che noi stessi creiamo. Cosa ci spinge a guardarlo strisciare come fosse senza braccia e senza gambe, ma soprattutto senza dignità, perché ho conosciuto uomini e donne senza gambe o senza braccia insegnare la dignità; creature pienamente umane. Il brutto esiste in questo mondo, ma perché creiamo un sistema che peggiori la situazione? Il male esiste, ma perché lo aiutiamo a diventare sempre più forte invece di depotenziarlo? Ad un certo punto si cade nel nonsenso ed è questa la sensazione che ho provato guardando esseri umani costretti a sopravvivere in questo modo. Non ha senso! E i diritti umani? Per chi sono stati pensati? Per chi sono stati scritti e approvati? È Natale sì, ma mi chiedo dove sia il limite al male che stiamo facendo a noi stessi. Mi chiedo se la sentiamo ancora quella domanda del libro della Genesi che Dio ci rivolge: “uomo dove sei?” Dov’è finito l’uomo, dove l’abbiamo nascosto? Molte volte per liberare la nostra coscienza dalla prigione in cui la costringiamo a morire giriamo la domanda a Dio: “ Dio dove sei?” Dov’eri quando in Rwanda in cento giorni sono state fatte a pezzi un milione di persone? Dov’eri quando in Cambogia Pol Pot e i Khmer Rossi hanno trucidato e torturato più di un milione di Cambogiani? Dov’eri quando i nazisti hanno sterminato più di sei milioni di esseri umani perché ebrei, zingari, portatori di handicap o omosessuali? Dov’eri quando l’occidente ha azzannato l’Africa come un cane inferocito, comprando uomini e donne come fossero cose o bestiame? Dov’eri? Dio non c’entra! Chi si ammazzava e chi continua a farlo? È Dio che ammazza l’uomo, oppure è l’uomo che ammazza, sfrutta, tortura e sfigura se stesso? …e Dio non interviene? Certo che interviene, e lo fa a modo suo, ponendoci davanti alla nostra coscienza con queste due domande: “uomo dove sei? Dov’è tuo fratello?”. È a questo che dobbiamo rispondere. È questo che ci rende responsabili l’uno dell’altro. È questo che fa rinascere il bello che ci abita e a cui siamo stati pensati. È questo che ci rende pienamente umani e restituisce senso a tutto. È Natale sì, ma se ci impegnassimo davvero, potrebbe esserlo di più.