Era un sabato come tantissimi altri ed eravamo in una piccola stanzetta con sedie sgangherate e una puzza di fumo incredibile. Eravamo circa in otto o nove, adesso non ricordo bene, quello che ricordo era il clima da bar che si era creato all’interno di quella stanza malconcia. Era come stare con gli amici di sempre a parlare di calcio, di politica, di cosa succede nel mondo. Il sabato, dopo la messa in carcere si ha qualche manciata di minuti da condividere con alcuni ragazzi. Il tempo a disposizione non è sempre fisso, a volte abbiamo dieci minuti, altre un minuto, altre ancora un’ora. Dipende moltissimo dalla digestione e dall’umore dell’agente in servizio. Quel giorno fortunatamente l’agente deve aver vinto una bella somma al gratta perchè ci ha lasciati dentro più di un’ora e abbiamo potuto far “festa” raccontandoci un po di storie. Si chiacchierava mentre mangiavamo dei confetti al cioccolato portati da un nostro amico che si era appena laureato. La media d’eta si aggirava attorno ai 35 anni. Tutti ragazzi, noi “assistenti volontari” compresi (odio questo nome). Quando siamo tornati a casa io e il mio compagno di cammino abbiamo ripensato a quel momento di convivialità vissuto così, normalmente con persone come noi e posso assicurare che non noto niente di diverso rispetto a quelle persone che la società chiama “normali”. Chi è in carcere ha commesso un crimine più o meno grave, (a volte succede che ci finiscono anche persone innocenti) ed è giusto che vengano adottate delle misure nei loro confronti. Purtroppo, e non mi stancherò mai di ripeterlo, il carcere è solo ed esclusivamente punitivo. Quello che interessa è far sparire dalle strade ciò che è dannoso, pericoloso e indecoroso. Un esempio lampante sono le nuove disposizioni di alcuni sindaci, contro la prostituzione. Si multano i clienti e si multano anche le ragazze che vestono abiti troppo “succinti”. Questo perché le nostre strade sono indecenti. Non è bello a vedersi. Beh…penso che siamo proprio fuori strada, in tutti i sensi. Ci preoccupiamo della decenza delle nostra starde e non valutiamo indecente e vergognoso che esista un traffico di esseri umani che li rende schiavi e li priva di ogni diritto. Allora cosa facciamo? Li nascondiamo! Nascondiamo il problema, tutto qui. Ma questa non è la soluzione e sono sicuro che anche chi adotta queste leggi ne è consapevole. Ma prima salviamo la nostra faccia e poi…il resto. Parentesi prostituzione chiusa. Anche il carcere funziona in questo modo. Il carcere non salva nessuno, né chi è fuori né chi è dentro. Nessuno è al sicuro! Infatti capita spesso di vedere ragazzi uscire e qualche mese dopo rientrare con lo stesso crimine. Non ci sono dei programmi riabilitativi seri e costanti e questo è un problema serio. Se il carcere si limita solo all’aspetto punitivo tralasciando la rivalutazione e la possibilità di riscatto dell’uomo, continueremo ad avere una società insicura e si scivolerà sempre più in basso. Chi esce dal carcere ora, molte volte esce peggiorato o quando va bene uguale a prima. A voi le conclusioni. Allora cosa facciamo? Li mettiamo dentro e buttiamo la chiave? Lo sento spesso questo ragionamento, ma chi lo pensa dovrebbe rendersi conto che ci vuole poco per finire in carcere e magari ci può finire proprio il figlio che per pura sfortuna, quella sera, per divertirsi, ha in tasca qualche grammo in più. Allora non mi dirà che suo figlio è un delinquente irrecuperabile! E’ vero, ci vuole una vera rivoluzione dell’idea del carcere che distrugge quella che abbiamo in mente. Bisogna ripensare tutto daccapo, e non è impossibile che ciò avvenga. So che molti non saranno d’accordo riguardo a ciò che sto scrivendo ma ci sono già degli esperimenti in tutto il mondo di “prigioni” alternative, in Brasile soprattutto, e stanno ottenendo ottimi risultati. Quella sera nella stanzetta malconcia del carcere, eravamo in otto o in nove, non ricordo bene, ma ricordo che non riuscivo a distinguere chi era il ladro, l’assassino, lo scippatotre o il volontario.