Quello che seguirà è il racconto di un ragazzo nigeriano che attualmente si trova in carcere a Padova. Un giorno mi ha raccontato la sua epopea e voglio raccontarvela. Quando si sentono in televisione i continui sbarchi di disperati non ci rende veramente conto di cosa quella gente ha vissuto per arrivare in Italia. Per rispetto gli cambieremo il nome, lo chiameremo Martin.
Mi chiamo Martin e vengo dalla Nigeria anche se per motivi economici sono cresciuto in Camerun. Ho lasciato la Libia il tre settembre 2005 dove mi trovavo per fare i più umili lavori per trovare i soldi per potermi imbarcare sul gommone e arrivare in Italia. Fortunatamente siamo riusciti ad arrivare in Sicilia dopo più di sei giorni di sofferenza sul mare Mediterraneo. Sebbene sapevamo che Dio ci aveva protetti non lasciandoci morire in quel mare, nessuno di noi aveva la forza d’essere contento per lo sbarco. Subito le autorità siciliane ci diedero qualcosa per scaldarci ed asciugarci e successivamente ci controllarono, sia noi sia i nostri vestiti. Qualche ora dopo incominciarono a farci delle domande e a prendere le nostre generalità con tanto d’impronte digitali e fotografie. Sfilammo uno dopo l’altro in quella stanza. Fui molto contrariato inizialmente di quel trattamento poiché eravamo tutti stremati. Sentivo che avevo rischiato la vita consapevolmente in quel mare e sapevo anche quanti l’hanno persa decidendo di provarci. Un uomo rischia la sua vita quando è disparato, rischia perchè vuole cambiare la sua condizione ma in quel momento ho realizzato che non sarebbe cambiato nulla, anzi…. Successivamente ci portarono all’ufficio centrale e ci diedero un foglio con scritto che avevamo soltanto cinque giorni per lasciare l’Italia. Spaventati noi abbiamo detto di sì ma non avevamo un soldo, nulla da mangiare un posto dover poter dormire. Nessuno parlava italiano e non avevamo amici laggiù eravamo persi. Provate voi a trovarvi nel cuore della Nigeria nelle nostre condizioni, senza soldi, senza amici e con un foglio d’espulsione dal paese. Così com’eravamo ci sbatterono fuori dalla stazione di polizia e ci dissero di andare alla stazione dei treni. Cominciai a chiedere la carità, almeno per mangiare qualcosa. Quella notte faceva molto freddo e io non ero abituato al clima italiano. Cercammo di chiedere i soldi sufficienti per poter andare a Napoli. Dopo sei giorni di accattonaggio riuscimmo a metterci in viaggio. Il mio amico aveva un fratello a Napoli e restammo da lui per un pò di giorni. Finalmente riuscii a radermi e a lavare me e i miei vestiti. Ero veramente sporco! Quella notte pregai Dio tutta la notte. Alla mattina seguente, con mia grande sorpresa, incontrai un uomo che mi avrebbe dato un passaggio da Napoli a Padova il tutto gratis. Non mi sembrava vero…non avevo rischiato la vita per niente, ora avrei trovato un posto di lavoro e avrei sistemato tutta la mia famiglia laggiù in Africa. Una volta arrivato a Padova cominciai a chiedere informazioni sino a che incontrai una persona che mi disse che avrei trovato sicuramente una camera in un posto chiamato Via Anelli. (Via Anelli è il posto più malfamato di Padova) Io non sapevo dove sbattere la testa così, anche se quell’uomo mi aveva avvertito delle frequenti retate della polizia, decisi di andarci. Finalmente trovai un ragazzo nigeriano che mi aiutò moltissimo, mi pagò un taxi e gli disse di portarmi dove io volevo andare. Arrivato in Via Anelli mi guarda in giro per trovare un appiglio per spendere la notte ma non sapevo a chi rivolgermi così cercai un cartone e un angolino per dormire. Passai sulla strada due giorni ma subito mi resi conto che non l’avrei fatta a vivere in quelle precarie condizioni a lungo. Cominciai a chiedere alle persone che incontravo cercando di esporgli il mio problema, la mia storia. Passò un po’ di tempo ma poi incontrai un giovane ragazzo che mi portò in una stanza dei palazzi di Via Anelli chiedendomi se volevo riposare. Mi sdraiai e crollai dal sonno. Ero veramente stremato. Stavo dormendo quando il terzo giorno la polizia fece irruzione nella stanza. Cominciarono a cercare dappertutto mentre io ancora intontito dal sonno non capivo cosa stesse succedendo. Fui veramente sorpreso quando trovarono della roba ma non riuscii nemmeno a fiatare che subito mi scaraventarono atterra fermandomi con i loro stivali appiccicato al pavimento. Gli mostrai la carta che mi era stata rilasciata i n Sicilia. Sapevo che la situazione era molto grave e cercai di spiegare ma nessuno dei poliziotti parlava inglese o francese. Gli dissi disperatamente che non ne sapevo nulla della droga in quella stanza e che ci ero finito solamente perché non sapevo dove andare a dormire e che ero in Italia da meno di due settimane ma… tutto inutile, nessuno mi capiva. Non ho nemmeno avuto il tempo di chiamare il ragazzo che mi aveva ospitato che mi ritrovai sulla volante della polizia e dopo qualche minuto vidi aprirsi le porte del carcere. Da allora mi trovo qui, nel circondariale di Padova per qualcosa che non ho commesso, incapace di difendermi di far valere la mia innocenza. Posso gridare giorno e notte ma nessuno mi sente. Penso ai miei sogni, alla mia famiglia in Nigeria, penso alla mia ragazza alla mia africa, al mio futuro. Pensavo di aver superato la parte più difficile una volta sopravvissuto dai sei giorni di viaggio sul Mediterraneo ma mi sbagliavo! Da quando sono in prigione non ho visto un avvocato. Sono scappato dall’Africa perché quelli che anno ucciso mio padre volevano uccidere anche me (nel nord della Nigeria ci sono dei disordini militari) ora mi trovo qui a soffrire in questa prigione. Mi chiedo solo perché tutto questo sia capitato a me. Non ho mai commesso crimini, volevo solo vivere come tutti voi… ma a me questa possibilità non è stata data. Io sono innocente e so che Dio mi aiuterà…ma qui dentro non è facile.