7th September 2010
M’wnkagna- Luangwa Valley-Zambia
Ok è ufficiale, dopo aver bevuto come un pistola l’acqua da un pozzo senza averla bollita ho lo squaraus! Niente di particolarmente allarmante ma la sensazione non è delle più piacevoli ed è abbastanza scomodo. Fortunatamente ho un po’ d’esperienza di viaggio con zaino in spalla, e non mi ha colto impreparato, del tipo: “ corri nel primo bagno o angolo nascosto, ti lanci a “culo fitto” perché non puoi più fare altro e, dopo la gioia indescrivibile subito un forte sconforto ti coglie…sei senza toilet paper! Sarebbe successo questo se non avessi avuto il mio piccolo kit per lo squaraus, ovvero, un pacchetto di fazzolettini di carta che non uso mai per soffiarmi il naso e non so nemmeno per quale motivo, sono affezionato a quelli di stoffa. Non li ho mai usati sin da quando ero piccolo, e questa mia fissa preadolescenziale mi ha salvato la vita più volte, come oggi. Ma non è finita: il kit è composto da salviettine monodose prese in prestito dai vari aerei. Il procedimento è semplice; si mettono in tasca tutte le salviettine che danno in allegato con i pasti e ogni volta che si fa un giro in bagno se ne imboscano una decina in scioltezza, come fossero dei gettoni di presenza. Fatto questo, una volta scesi dall’aereo, si conservano assieme alle altre cianfrusaglie che uso imboscare nel bagaglio a mano, come quegli inutili stuzzicadenti di plastica bianca tagliati a fetta di salame. Praticamente sono delle cannucce dell’estatè riciclate per questo utilizzo. Davvero geniale se il risultato di questa creatività fosse quello di aiutare l’umanità a rimuovere i pezzi di carne di gomma che servono durante i voli. Poi, uso imboscare bustine di sale, di pepe, di latte in polvere senza un fondamento teorico valido …insomma senza un motivo preciso. È una sorta di “cleptomania” da volo. È un’abitudine che ho sin da quando ero piccolo, quando andavo dall’Erminio per prendere pezzi di legno scartati per costruire la casa del Big-Jim, oppure a rovistare nel pattume del Sala per trovare pezzi di plastica o gomma colorata. O ancora nel cortile della Gina Brusca, dietro la bottega del Balela, per raccogliere i ritagli di carta vetrata ammucchiata fuori da quel laboratorio in cui non sono mai entrato, o sul camion del Beppe per raccogliere la carta in quel sabato pomeriggio che sembrava un evento per i ragazzi del paese. Tutti volevano salirci per passare un sabato diverso per trovare qualcosa di interessante tra i quintali di giornali, scatoloni e riviste. Amavo e amo tuttora le discariche, ne sono attratto. Sono piene di sorprese. Mi chiedevo con una certa curiosità, cosa dovesse essere lavorare per il Bonizzi. Mio fratello ci lavorava d’estate per pagarsi le ferie e ci trovava di tutto. Veniva a casa con chili di adesivi, e altre cose inutili ma fantastiche. Un posto da favola la discarica. Era forse uno dei tanti segni che anticipavano una scelta di vita? Forse capisco perché ora ci voglio vivere. Qui, nelle discariche ci vivono migliaia di persone che non hanno alternativa. Ne farebbero davvero a meno, ma questi uomini e donne sono considerati dal resto del mondo spazzatura, sono scartati dalle possibilità che noi abbiamo. Ora mi trovo nella savana senza luce e senza acqua corrente, ma dove vivo, nello slum di Bauleni, in periferia della capitale Lusaka, c’è molta vita anche se a volte si fa fatica a digerire la condizione in cui molti sono costretti a vivere. Persone con la dignità morta, nascosta e sotterrata. Vivono davvero come rifiuti, come topi, ma sono esseri umani, come noi! Mi piacerebbe condividere con voi anche fisicamente quello che vivo e che vi sto raccontando. ….Mi ricordo che c’era anche un cartone animato che mi piaceva particolarmente; “ALBERTONE”, un ciccione afroamericano che viveva in una discarica con un gruppo di personaggioni, e utilizzavano tutto quello che trovavano nel modo più artistico e originale. ….ma ti immagini a cosa vado a pensare, qui sperso nella savana all’ombra di un baobab da fiaba africana mentre sono colto da squaraus?! La verità è che questi ricordi mi fanno venire in mente voi, a tutto quello che abbiamo condiviso insieme. Penso a te Biodo, penso a te 4ini, a te Prince, Sce, Ciccio, Penna, Deka, Ivo, Alles, Bocia, Pupo, Calvi, Now, Ragno Lilu, Gabe’, e con voi penso alle vostre famiglie, mogli, bambini, morose… Da lontano le cose si vedono e si sentono in maniera diversa, e sento che mi mancate, non in modo egoistico, no, mi mancate a sono felice di sapervi realizzati. Sono felice nel sapervi felici. Penso e mi commuovo tanto da bagnarmi gli occhi. Penso all’amicizia che ci lega, a quello che abbiamo vissuto insieme, cose belle, indimenticabili, viaggi, sofferenze, esperienze al limite della legalità, per non dire proprio illegali. C’è andata bene un sacco di volte, no? Siamo lontani e abbiamo preso strade diverse, scelte diverse, lavori diversi, tuttavia sento una magia che non è ancora finita e non penso finirà mai. I Monk’s, un nome nato per scherzo, non so nemmeno quando e che ora è scritto su felpe, magliette, insegne di bar. Monk’s. È una leggenda, la nostra leggenda, quella di un’amicizia che sento vera e mi da tutta l’energia, non solo per resistere, ma per godermi con entusiasmo pieno la vita che ho scelto. Grazie davvero. Vi porto tutti a l cuore…nessuno escluso.
Cass