Natale 2012
Bauleni, Lusaka
Donne! Ma quanto doveva essere innamorato Giuseppe di Maria?! Nella vita di quel falegname, a sua insaputa, stava succedendo qualcosa di così importante tanto quanto compromettente.
Chissà che sogni avevi Giuseppe? Forse volevi avere tre o quattro figli a cui insegnare il tuo amore artigiano. Forse, avresti voluto andartene da Nazareth e dare a Maria una bella casa e magari anche una domestica che potesse aiutarla nelle faccende di casa. Avevi sognato il meglio per lei. Avresti desiderato vedere la tua piccola bottega diventare grande, e da vecchio, sederti sulla tua sedia di legno bruno e pelle di capra intrecciata, e goderti lo spettacolo dei figli levigare con passione che ti somiglia legni profumati di vita, con la tua discendenza accovacciata sulle ginocchia. Sogni di un uomo che ama una donna, ed è pronto a tutto per lei, anche a dare la vita, ma non ti saresti mai immaginato di dover passare il limite del lecito, del logico e del comprensibile, per stare con lei eh Giusè?! Sì, perché credo tu abbia agito solo per amore della tua Miriam. L’amavi talmente tanto che, decidesti di rimandarla a casa in segreto per proteggerla. Nelle poche ore di sonno delle tue notti tribolate, sognavi di lei, sino a quando Dio ti carezzò, proprio come fa un amico nel momento del bisogno davanti ad un bicchiere di vino rosso. Il vino scalda il cuore come un amico, ma l’amico ti lascia sobrio. Ti ha convinto; Giuseppe, riprenditi le tue notti, lascia le stelle vegliare per te, loro sanno come brillare sui tuoi sogni. Respira il ricordo del suo profumo di cui senti una lacerante nostalgia. Tu non puoi fare a meno di lei e io non posso fare a meno di voi. Giuseppe, amati, e per farlo hai un solo modo: amala! Non aver paura di versare il tuo amore perché lei è la ragione del tuo vivere e sudare su legni ancora senza forma. Maria è ciò che ti completa o immigrato di Betlemme, è ciò che da senso al tuo levigare, all’odore dei legni verdi accatastati al sole per seccare. È il senso dei trucioli che cadono dal tuo tavolo da lavoro ad ogni tuo gesto e si poggiano per terra delicati come fiocchi di neve. È il senso della polvere che respiri tutto il giorno, e a sera la gola arida brucia come stessi inghiottendo sabbia. Maria è il senso della segatura, che folate di vento fanno volare nell’aria finendoti negli occhi, pungendo da far lacrimare. Quante volte te le ha tolte dagli occhi prendendoti in giro amorevolmente dicendo: “guarda Beppe stai piangendo!”
E tu la lasciavi fare arrossendo e replicando: “no, io sono un uomo, e un uomo non piange mai, capito?! È colpa della segatura!”, e i polmoni ti si riempivano di ossigeno dalla gioia sino a far male. È lei il tuo ossigeno. Giuseppe, figlio della tua cultura, solo tu sai quanto hai pianto in segreto per lei, per Maria che è il senso delle tue mani ruvide e più volte ferite, che contrastano con la sua pelle liscia più dell’olio con cui te le cospargi per rendere le tue carezze meno graffianti. Lei è il tuo olio. Lei è ciò che sei e ciò che non sarai mai, e in questo segreto consegni il tuo amore. Sai, non ho mai pensato al tuo Natale Giuseppe. È un giorno felice per tutti, o meglio, più o meno la teoria dovrebbe essere questa, ma noi uomini e donne siamo capaci di allontanare la pratica dalla teoria, nel bene e nel male. Quella notte tu, Giuseppe, che cosa hai provato? Nasceva qualcuno che non conoscevi, tra dubbi, rabbia, confusione.
Mi chiedo se, nei tuoi momenti di solitudine, hai mai preso a pugni quella vecchia asse mai diventata tavolo, appesa alla parete appena fuori dalla tua bottega. La tradizione ti vuole mite e silente, ma sai, sono uomo anch’io come lo sei tu e non la bevo! Non mi stupisce sapere che qualche secondo d’ira, abbiano aggiunto ferite nuove a mani già generose di cicatrici. Ti sarai chiesto che cosa avevi da spartire con quella notte, in quella situazione di esclusione, nella terra che ha regalato anche il tuo natale. Ti sentivi straniero a casa tua e forse, sentivi che l’unica cosa che ti accomunava al figlio che stava nascendo era la terra di Betlemme e l’amore per una donna. Anche quello avresti dovuto condividere, e come spesso accade, accettare di diventare il numero due e metterti un’altra volta in fila guardando l’ennesima schiena.
Tu straniero a un figlio che non ti somiglia ancora. Lo farà più tardi, ma a modo suo, in un modo talmente originale che, a fatica ti ci ritroverai… ma tu c’entri, eccome! Tu, seduto su pietre fredde allo scoppiettio di un fuoco troppo distante per scaldare il tuo amore gravido.
Straniero anche a quella gravidanza. Parlo da uomo Giuseppe, e penso in minima parte di capire la forza della tempesta di emozioni e sentimenti che ti calpestavano il cuore.
Che forza hai avuto!
È bastata una notte diversa da tutte la altre notti per cambiare per sempre la prospettiva della tua vita. Hai rinunciato al tuo sogno di uomo per dare a tutti la possibilità di sognare.
Che uomo! Per loro ti sei messo in viaggio come un migrante alla ricerca della vita. Ce l’hai fatta Beppe, li hai riportati a Nazareth, ma solo tu sai quanti sono rimasti per strada.
Ti sei mai sentito a casa Giuseppe? Dimmi la verità. Penso che, anche nel tuo ultimo giorno, sdraiato sulla stuoia nella casa di Nazareth, hai avuto negli occhi il fuoco tremante di quella notte straniera che ha cambiato per sempre la storia. Tu hai cambiato la storia Giuseppe, te lo saresti mai immaginato? E così, te ne sei andato lasciandoli ancora giovani. Di cosa sei morto non lo so, credo che il tuo cuore non abbia retto alla forza del tuo amore, e così anche lui ha dovuto inchinarsi davanti a tanto, come hanno fatto davanti a te l‘ultimo giorno, tua moglie e tuo figlio, per sentire per l’ultima volta la tua voce. La tua umanità ha fatto inginocchiare Dio. Tuo figlio sai, l’ha rifatto ancora nelle sue ultime notti, e mentre inginocchiato davanti all’uomo gli lavava i piedi, sono sicuro che ha visto ancora una volta i tuoi occhi. Ha visto te, suo padre, e ha visto il Padre.
Tu hai vissuto il primo Natale, e so che oggi non lo riconosci più.
Sei diventato straniero anche ad un evento che ti appartiene. Cos’è rimasto di quel giorno Giuseppe? Possiamo ancora chiamarlo Natale? Va beh, io azzardo e ci provo ugualmente a farti gli auguri chiamandolo ancora per nome…
ci credo ancora, grazie a te!
Buon Natale Giusè, amico straniero di artigiana passione.
Buon Natale a te, che ci ricordi la bellezza
di essere pienamente Umani.
BUONA FESTA
DI COSE ESSENZIALI
E SEMPLICI…
INSOMMA, BUON NATALE!