È stata la mia prima notte in Bauleni compound, nella “nostra” casetta. Non mi sembra vero e non so se sono riuscito a vivere pienamente quel momento. Sembra che le emozioni siano andate in stand-by, quasi una forma di autodifesa per la sopravvivenza. Sono ferme perché potrebbero essere talmente forti da far male. E’ il mio sogno. Un sogno che non svaniva con l’arrivo del giorno, anzi, con il sole diventava più intenso. Il sogno non è ciò che si vede nel sonno, ma ciò che non permette di dormire. Sono finalmente dove voglio essere e come sempre mi accade, ho dovuto passare per i cancelli di ciò che non voglio. È un sogno in salita, difficile sotto molti aspetti, ma bello da morire. Quello che sentivo da fuori, da distante, quelle voci, quella musica, quello strofinar di vita lontana, ora lo vivo da dentro. Sono dentro! Per vivere questo ho dovuto fare una scelta sofferta. Ho dovuto lottare per non cedere alle lusinghe di comodità e sicurezze. Ho dovuto misurarmi con le aspettative di altri. Ho dovuto aspettare pazientemente nove mesi. Il tempo che un bambino si prende per nascere. Bisogna avere il coraggio di essere felici, diceva qualcuno. Vivo nella baraccopoli di Bauleni, in una casetta di due locali, che ha comunque la sua dignità. Infatti da ora proprio per questione di dignità, non chiamerò più Bauleni baraccopoli, bensì, compound. La gente di Bauleni ha dignità! Ho la fortuna di avere la luce in casa, quando non va via, l’acqua no, quella è fuori, ma non è molto distante. C’è una signora che non permette di andare al rubinetto con le taniche da 25 litri a prendere l’acqua. È lei, la signora Tembo che di notte cammina leggera nel buio con la tanica gialla in testa e alla mattina me la fa trovare piena davanti alla porta. Ogni mattina provo la stessa emozione che provavo quando alla befana mi svegliavo e trovavo la calza piena di caramelle. Un segreto che avviene di notte. Le donne vanno a notte fonda perché l’acqua, nella zona in cui abitiamo, c’è solo dalle 23:00 alle 4:00 del mattino. Di giorno non scende una goccia. Il bagno è fuori, in comune con altre famiglie, e il posto per lavarsi è poco distante. È una sorta di gabbiotto di lamiera e mattoni di terra cruda senza soffitto. Sul pavimento c’è una grande pietra sulla quale appoggiare il catino con l’acqua per lavarsi, come si faceva da noi una volta. A pensarci bene il soffitto non serve, se dovesse piovere sarebbe solo un aiuto a sciacquare via il sapone. Sto arredando la casa, ora ho il letto con un materasso, due fornelli elettrici per cucinare, due poltrone in vimini, di quelle che di solito si mettono sulle verande, un cestino per la spazzatura e uno scaffale in vimini comprato per strada. Questa casa è un dono perché molti mi hanno aiutato finanziariamente a mettere in piedi questa casa, a pagare l’affitto, ad arredarla, a renderla accogliente. Ora sto facendo costruire da Moses, un ragazzo di Bauleni, il secondo letto per ospitare chiunque volesse venire a condividere un po’ di tempo qui con noi. Questa casa non è solo mia, è nostra! Quindi sappiate che avete una casa in Zambia. Un altro nome merita di essere ricordato; Bertha. È una donna di Bauleni che sta lavorando tantissimo per aiutarmi a realizzare questo sogno. Bertha ha due bambini suoi e una ragazzina di 16 anni che il marito ha avuto con la prima moglie che sfortunatamente è morta. Ora il marito non c’è più e lei si trova sola con 3 figli. Comunque questi sono giorni che nemmeno riesco a raccontare. Sono qui in bilico sulle mie emozioni, un’altezza raccontata dallo sfregolio di sassi che scendono a valle come briciole di mondo che cadono sino al punto più basso della terra. È vita, è vita vera! Ci sarà da lottare e alcune difficoltà già le vedo e le vivo, ma ne vale la pena. Tutto sta in una domanda semplice e diretta: “per cosa vale la pena di vivere?” So che c’è un Dio nomade, un Dio della strada da incontrare in pertugi nascosti gonfi di fumo. So che è terra per me, e un senso di gratitudine mi si apre dentro! GRAZIE A TUTTI E A TUTTO!