Ora, Gesù gridò e disse: “Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; e chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io (come) luce sono venuto nel mondo, affinché chiunque crede in me non rimanga nella tenebra. E se uno non ascolta le mie parole e non (le) custodisce, io non lo giudico; perché non sono venuto per giudicare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi disprezza me e non riceve le mie parole, ha chi lo giudica: la parola che ho detto, quella lo giudicherà nell’ultimo giorno; poiché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre mio che mi ha mandato, lui mi ha dato un comandamento di cosa (io) debba dire e di cosa parlare. E so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque di cui io parlo, come me (le) ha dette il Padre, così (ne) parlo”. (Gv 12, 44-50)
“Io non lo giudico” questa è la frase che mi aspetto di vedere dipinta sulle facciate delle chiese in giro per il mondo. Questo è il messaggio innovativo che il Ragazzo di Nazareth grida alla gente. È una chiusura definitiva con il concetto del Dio che punisce, giudica e condanna, e per questo Gesù muore. Il giochino degli approfittatori si è improvvisamente rotto per colpa di un Nessuno venuto dal deserto. Eppure nel corso della storia questo meccanismo di un “dio” di cui aver paura ha sempre fatto presa. Non solo nel medioevo, con indulgenze e pratiche punitive di comodo ma anche oggi c’è chi sfrutta dio a proprio vantaggio. Questo è un dio con la “d” minuscola, perché non è una divinità da rispettare, ma un idolo inventato per dominare. Davanti a un dio come questo non ci si può inginocchiare, non lo si può pregare e nemmeno bestemmiare, perché sarebbe una perdita di tempo. La vita è troppo preziosa perché sia sprecata a seguire paure e costrizione di un dio che emette solo sentenze e costringe alla sequela a suon di minacce. Questo è un dio creato e non Creatore. “Nessuno mai ha visto Dio, solo chi viene da Dio”. Quel dio taroccato, strumentalizzato, che rende schiavi e non liberi, va lasciato tra gli artigli dei manipolatori, venditori di nebbia, va rispedito nelle caselle postali di quei ciarlatani, imbianchini di sepolcri analfabeti di Dio, terroristi religiosi che distribuiscono immaginette di un dio adirato con toga e martello tra le mani, pronto al giudizio seguito da condanna esemplare. Poi, per incanto, capita di aprire una pagina scritta da una comunità, quella di Giovanni, in cui si parla di un Falegname, semplice e appassionato, entusiasta e libero che grida quattro parole, e il gioco dei furbi si spacca: “IO NON LO GIUDICO”, e men che meno si parla di condanna. Nella traduzione corretta di questo testo non viene mai menzionata la parola condanna. “Chi non crede non è giudicato, e nemmeno chi disprezza, chi toglie il valore a ciò che dico, ovvero l’unico comandamento detto da Dio all’uomo: “amatevi gli uni gli altri”. Chi ne toglie il valore non è giudicato da me. Chi non ci crede e ne toglie importanza e spessore, chi non lo pratica, è già costretto a vivere una vita misera, poco umana. “Io non lo giudico”, chi lo giudica nell’ “ultimo giorno”, ovvero nella sua vecchiaia quando il tempo da vivere diminuisce e ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, è quella riserva d’amore non dato. È quella scorta non donata, quel peso d’amore non svuotato, quello è l’unico giudizio che pesa sulla vita di un essere umano che ha vissuto a risparmio d’amore. “Io non lo giudico” sarà questa abbondanza stoccata come grano in silos nuovi e ampi a pungere nella coscienza come una stilettata nella carne. È la coscienza ad alzare la voce, a gridare: “ora Gesù gridò e disse…”. C’è un urlo che sveglia dal sonno, un urlo, per uno spreco che non segue la logica di Maria, sorella di Marta e Lazzaro, amici di Dio. L’amore è come il profumo di Maria; il vero spreco è conservarlo.