“La Drug Enforcement Commission (DEC) di Lusaka ha arrestato un ragazzo di 22 anni per il traffico di 34 bustine di cocaina e della cannabis nascosti nella giacca. L’ufficiale Samuel Silomba addetto alle pubbliche relazioni, ha confermato in una dichiarazione messa a disposizione alla Mwebantu New Media, che P—— N——- abitante nella casa n —-* di Bauleni Compound Lusaka, è stato arrestato per traffico di cocaina e cannabis. Nel frattempo, la Commissione negli ultimi sette giorni ha arrestato 28 persone per traffico nazionale di svariati quantitativi di cannabis. Tra gli arrestati c’è B—– B—–, un contadino di 86 anni della fattoria T—— in Lundazi, arrestato per traffico di 124,7 chilogrammi di cannabis. Silomba ha rivelato che il 124,7 chilogrammi di cannabis erano nascosti in 90 sacchetti di politene. “Inoltre, sono stati arrestai anche M— K———, 24 anni, di Kaoma Ndonga nel distretto di Kaoma per il traffico di 27,2 chilogrammi cannabis, S—- L——–, 30 anni, e S———- L———–, 33 anni, del distretto di Kalabo, per il traffico di 12,2 chilogrammi di cannabis….”
* i nomi reali sono stati tolti per rispetto
Articolo tratto da: Mwebantu New Media
Questa è la situazione oggi in Zambia, e non esclude nessun compound.
La notizia dell’arresto di uno dei nostri ragazzi di Bauleni, circolava già all’inizio della settimana, quando una squadra del dipartimento anti droga (DEC) aveva fatto irruzione in borghese nel compound. Erano arrivati con auto private e sono riusciti a catturarne tre, nell’angolo poco nascosto di Bauleni in cui si spaccia e si consuma.
Le droghe leggere come la marijuana, la cannabis, o daga, come viene chiama qui, sono principalmente prodotte “in casa”, si tratta quindi di un traffico per la maggior parte dei casi, a livello nazionale. Le droghe pesanti, come eroina e cocaina, arrivano da fuori, dal sud America soprattutto. Il narcotraffico internazionale non si è dimenticato dello Zambia.
Destinazione d’arrivo, Lusaka, per poi concentrarsi nel Ghetto numero uno della capitale, ovvero; Chibolya, che in Chibemba (una delle 78 lingue locali) vuol dire “posto abbandonato”, ma la gente lo chiama anche Bagdad. Quella è la vera “no man’s land”, la terra di nessuno dello Zambia. La droga è importata attraverso il metodo ormai noto degli ovuli ingoiati da uomini e donne che fungono da contenitori umani. Quest’umanità gravida di morte, entra nel Paese, consegnando ad altri corrieri la droga o portandola direttamente nel ghetto.
Molti sono i racconti di ragazzi morti per l’esplosione di un ovulo nello stomaco, ma restano storie senza nome, quasi leggende metropolitane, anche se non lo sono.
Una volta raggiunto il ghetto, è portata in laboratori spartani locali per essere lavorata, tagliata, dosata e distribuita. L’eroina (e cocaina) arriva in forma di sassi, compattata e pressata per questione pratiche di riduzione del volume, e poi viene tagliata sino a quando diventa polvere sottile. C’è un primo taglio, con sostanze e prodotti chimici anche nocivi, e poi un secondo taglio, dopodiché, dei tester ne provano l’effetto. Se queste cavie umane non muoiono e ne garantiscono l’effetto, la “roba” viene messa in piccoli pacchetti per la distribuzione e tutto è pronto per l’uso e per la vendita. Chi ha in mano il traffico di questi primi due tagli sono degli spacciatori chiamati Seven Spirits. Sono i più conosciuti, e temuti.
A volte fanno delle promozioni, una strategia di marketing capace di legare il consumatore al proprio spacciatore di fiducia. Legame questo, consolidato certamente dalla dipendenza, ma anche dalla pericolosità dei Seven Spirits. “Con loro non si scherza”, dicono i ragazzi che conoscono il ghetto, “se sgarri sei morto”. Questi spacciatori hanno costruito un rudimentale ostello per junkies, così vengono chiamati i consumatori. Una struttura improvvisata e precaria, fatta di pali di legno e sacchi di plastica per ospitare le centinaia di ragazzi che, per ottimizzare i costi, dormono in queste tane, risparmiando così i soldi per i mezzi pubblici da investire nella droga. Infatti, la maggior parte di loro viene da diverse zone della città. Meno spese, più possibilità di “investirli” nella propria distruzione, ovvero in eroina. I ragazzi che si drogano in Lusaka sono migliaia. Chibolya ha la triste esclusiva del consumo di eroina attraverso iniezione, come nei paesi occidentali.
Negli altri compound di Lusaka l’eroina viene sniffata e fumata in vari modi, ma difficilmente iniettata. I Seven Spirits sono moltissimi e riescono a distribuire la droga in tutta la città, grazie ad un alto numero di micro spacciatori chiamati “Pear”, anch’essi consumatori, che la portano nei diversi compound della città. Ad ogni passaggio di mano la “roba” viene ulteriormente e pericolosamente tagliata, così, quando raggiunge i compound di destinazione, la droga ha il colore della cenere. Ecco spiegato, in qualche passaggio, come le droghe per ricchi, cocaina in primis, ma anche eroina, diventano popolari e alla portata dei più poveri dei poveri. Chibolya resta il punto centrale della distribuzione di Lusaka; tutto parte dal ghetto per antonomasia. La pericolosità dei Seven Spirits è nota anche alla Drug Enforcement Commission (DEC) che, a dire della gente, preferisce non entrare in Chibolya per motivi di sicurezza. Il DEC ha cercato di contrastare questo traffico, ma invano. Per questo motivo, Chibolya, è una terra senza leggi, senza forze dell’ordine. Una sorta di ricettacolo di delinquenza, di refugium peccatorum, in cui, chiunque abbia problemi con la legge, può trovare rifugio sicuro. Al suo interno si possono trovare, clandestini, ladri, assassini e rei di ogni sorta di crimine. Li, alle sue porte la polizia si ferma, la legge pure. Chibolya è la zona franca in cui la droga viene venduta alla luce del sole, senza preoccupazione, come in un comune mercato si venderebbero frutta e verdura. Nel ghetto gira di tutto; Marijuana, Hashish, Cannabis, Eroina (che chiamano Yelloine), Cocaina (chiamata Coco), sovraddosaggio di medicine come il Cardene, altre come l’Artane e altre ancora usate in psichiatria in grado di dare alterazioni e altri effetti cercati dai consumatori di droghe. Spacciare è un business come un altro, si vende droga come atto normale e comune. Questo denota una situazione non facilmente arginabile e assolutamente fuori controllo, in cui il governo non sa dare risposte efficaci. Un fallimento questo, comune a tutti i Paesi del mondo. Infatti, il narcotraffico continua a crescere come fiorente business, quasi incontrastato. I consumatori, gli Junkies, delinquono regolarmente, macchiandosi di ogni genere di crimini; dal borseggio comune, specialmente in Cairo Road e per le vie centrali della città, sino, in rari casi, a omicidi. Questa non curanza della vita altrui arriva dalla dipendenza da sostanze stupefacenti, specialmente da eroina, che nei momenti di astinenza, la perdita del controllo può facilmente portare a comportamenti violenti. Per farsi, o come dicono qui, “to fix” possono anche arrivare ad uccidere. Questa umanità alla deriva, ovvero i consumatori, sono l’ultimo anello di una catena lunga e articolata. Sono loro che pagano il prezzo più alto in termini di conseguenze. Sono loro che perdono la vita consumata dalla droga, sono loro che vengono arrestati frequentemente, sono loro che muoiono in carcere o linciati per le strade per aver rubato e borseggiato. Sono ragazzini, a volte minorenni, che finiscono nel giro del ghetto e come il nostro ragazzo di Bauleni, vengono presi, messi in carcere… sono loro a morirci dentro. Questi ragazzi, con la droga possono raggiungere solo due posti: due metri sotto terra nel cimitero di Leopard Hills oppure in una delle prigioni di Lusaka, mentre i grossi trafficanti, continuano indisturbati ad alimentare il circolo vizioso della corruzione per vendere morte a cielo aperto, e a vivere nelle ville più belle, tra feste, donne e macchinoni, mentre nel ghetto si soffre e si muore.